Sull’odierna Piazza S. Domenico si affacciano strutture edilizie che inglobano i resti dell’insediamento dei frati predicatori, fondato secondo la tradizione dallo stesso Domenico di Guzman (1170-1221), ma documentato solo a partire dal 1287 e soppresso dal governo francese nel 1805.
All’interno del complesso domenicano, sorto nel quartiere di S. Siro e addossato alle mura della città, sorgeva la chiesa medioevale, ancora descritta nella struttura originaria e negli ambienti interni dal visitatore apostolico Nicolò Mascardi nel 1585. A tre navate, orientata ad est, presentava quattro ingressi: due dal chiostro interno per i frati e due dal lato nord per i fedeli, lungo l’attuale Via al Centa, dove sono ancora visibili un portale trecentesco con arco a sesto acuto e un affresco con le figure di Santi appartenenti all’Ordine riportato alla luce e restaurato nel 2009: il fondatore S. Domenico, il beato Guido Maramaldi da Napoli (+1391) e S. Margherita d’Ungheria (1242-1270).
Nella prima metà del Seicento la pianta della chiesa subì modifiche radicali: l’altare maggiore venne spostato ad ovest, verso le mura; in testa alla navata occidentale fu aperto un rosone e per dare luce al presbiterio furono innalzati due tiburi ottagonali (di cui uno sopravvive), mentre a est venne aperto il nuovo portale d’ingresso fiancheggiato dai fusti di due colonne in granito (di reimpiego, con capitelli a stucco seicenteschi) che ancora dominano la scenografia di Piazza S. Domenico; un nuovo coro fu aggiunto nel 1653 a lambire il tratto ovest delle mura.
Per la città di Albenga il convento dei Frati Predicatori fu centro di fede e di cultura: oltre alla biblioteca conventuale vi si custodivano la cassa e l’Archivio del Comune; dal XV al XVII secolo vi si celebrarono diversi Capitoli Provinciali e si succedettero a predicare ovvero a tenere Cattedre di Teologia Padri provenienti dai conventi di Piemonte e Lombardia. Nel sec. XVI il Padre Gio. Giacomo Salomonio vi operò quale cultore e studioso delle antichità ingaune.
Le famiglie nobili favorirono il convento di legati e donazioni e all’interno della chiesa fecero costruire altari e sepolcri. Oltre all'altare maggiore dedicato a San Domenico (su cui esercitava il giuspatronato la famiglia Marchese), dodici erano quelli secondari distribuiti su tutte le pareti perimetrali, variamente intitolati e fondati dalle più ricche famiglie albenganesi: S. Matteo (Bernissone); S. Sebastiano (Bemonte); S. Tommaso d'Aquino (Lavagno); S. Silvestro (Silvestri); S. Caterina da Siena; SS.mo Crocifisso; SS.mo Rosario (Morelli); SS. Giacomo e Filippo (Giorgi); S. Pietro Martire; S. Vincenzo Ferrer (Ricci); S. Orsola (Cepolla); e S. Marta (d'Aste).
La torre campanaria, costruita o ricostruita nel 1389, dopo il terremoto del 1887 è stata amputata del piano a trifore; se ne può individuare la struttura tra gli edifici che si affacciano su Piazza S. Domenico. Nella sacrestia, in quel che resta del chiostro e in altri ambienti del convento sopravvivono affreschi quattro-cinquecenteschi con figure di santi domenicani. Fino al 1703 all’interno del chiostro, del quale sono ancora visibili le arcate, svettava un cipresso piantato, secondo la tradizione, dallo stesso fondatore dell’Ordine.
Degno di rilievo è il fatto che i due fondatori del primo convento domenicano a Milano, quello di Sant'Eustorgio, risalente al 1220, furono Giacomo de Ariboldis da Monza e Robaldo di Albenga: nel 1219 entrambi avevano ricevuto da san Domenico l'abito domenicano a Bologna, dove studiavano, e da lui furono inviati a Milano per fondarvi il convento di Sant'Eustorgio.