In direzione sud, a circa un miglio dalla costa, si staglia il profilo a chiocciola della Gallinaria o Gallinara. L’isola che per il suo particolare valore naturalistico, ambientale, storico ed archeologico ha determinato l’istituzione del Parco Naturale Regionale della Gallinara nel 1989, deve il suo curioso nome alla presenza di galline selvatiche che la popolavano in epoca romana, come testimoniato da Varrone e Columella in alcuni scritti del II e I secolo a.C. . Con i suoi 11 ettari di superficie, la Gallinara viene rappresentata sulle carte geografiche come un punto appena visibile, ma è l'unica vera isola della Liguria (le altre - il Tino, Bergeggi, la Palmaria - sono, al suo confronto, semplici scogli ancora legati alla terraferma da un cordone ombelicale che qui, invece, il morso delle correnti ha troncato di netto). Dal 2013 è attivo il Centro Multimediale Riserva Isola Gallinara che consente un'interessantissima visita virtuale dell'Isola.

 

Relitto sommerso

Nei fondali intorno all’isola Gallinara venne ritrovata, nel 1950, una nave oneraria romana: la prima scoperta ed esplorata sul fondo marino. Il suo carico di anfore, censito e portato alla luce nei nove anni successivi con l’ausilio di una nave recuperi, l’Artiglio, è oggi custodito nel Museo Navale Romano, tuttora ubicato nel palazzo Peloso Cepolla, nel cuore del centro storico di Albenga.

Il recupero, primo esempio di archeologia subacquea in Italia, fu voluto e portato a termine da Nino Lamboglia, straordinario studioso laureato in archeologia che orientò i propri interessi in particolare sulla città di Albenga e qui vi fondò, nel 1932, la Società Storico archeologica Ingauna che dal 1947 divenne l’Istituto Internazionale di Studi Liguri.

Visita Museo Navale Romano

Cristo sommerso

Il 29 settembre 1998 è stata collocata nei fondali della Gallinara una statua del Cristo Redentore. Il monumento in bronzo, sito nell’ansa di Punta Falconara dell’isola, è diventato meta per i sommozzatori, in particolare gli amanti dei percorsi archeosubacquei. La statua è a 18 metri di profondità e la discesa verticale tra le sue braccia è suggestiva e priva di difficoltà. 
Il 12 giugno 2011 il Centro Idea Blu ha organizzato, in collaborazione con HSA Italia, la posa di una targa in  linguaggio Braille effettuata da un gruppo di quattro disabili, tra cui un non vedente, scortati dal 5° nucleo sommozzatori di Genova e dal Comandante della Capitaneria del porto di Alassio.

Immersioni subacquee

L'attività subacquea, per via della presenza di ordigni bellici inesplosi sul fondale e per via della presenza di un relitto è consentita solo se accompagnati dalle guide locali dei diving center convenzionati. L'isola presenta due punti di immersione: Cristo redentore o Punta FalconaraPunta Sciusciau.

L'isola non è accessibile ai turisti, in quanto deleterio per l’integrità di un ambiente che si è sviluppato al riparo da ogni condizionamento umano, questo garantisce lo status di un piccolo paradiso naturalistico per molti versi ancora da scoprire. Attraverso il servizio di compagnie private è possibile avvicinarsi all'isola senza ovviamente attraccare.

Attività outdoor

L’eremo di San Martino

Sito fascinoso ed appartato, per sua stessa natura, ha generato diverse leggende, la più celebre delle quali riguarda San Martino di Tours. Il Santo, in fuga da Milano a causa delle persecuzioni degli ariani, scelse l’isola come sede del proprio eremitaggio tra il 356 e il 360 d.C.

Nel IV secolo d.C., proprio per rendere omaggio al Santo eremita, i monaci benedettini vi edificarono e dedicarono un’importante abbazia, i cui possedimenti si estesero anche sulla terraferma sino alla Provenza e alla Catalogna. Nel 1866 l’isola venne venduta ai privati, che sui ruderi dell’abbazia costruirono edifici moderni. Della presenza del Santo eremita resta una grotta sul fianco occidentale dove, presumibilmente, Martino trovò rifugio.

Il cammino dei Santi Martini

 

 

La macchia mediterranea

A dicembre si può ammirare la campanula che ha il colore del cielo e del mare; il corbezzolo vermiglio, il mirto sacro a Venere, il delicato cisto villoso e marino. Tutte queste specie arbustive che caratterizzano la “macchia mediterranea” sono accomunate da alcune particolarità: la crescita bassa, il fusto resistente e le foglie rigide e coriacee che le rendono capaci di tollerare i venti salmastri che soffiano dal mare.

Tra le varie specie arbustive della “macchia” trovano nutrimento e riparo volpi, , tassi, cinghiali lepri, falchi, poiane, storni, gazze, merli che accompagnano con la loro presenza sonora e rumorosa il passeggero che può, talvolta, trasalire.