La Via Iulia Augusta dalla città al Pontelungo

Costruita nel 13 a.C. per volere dell’imperatore Augusto per collegare Roma alla Gallia meridionale, la via Iulia Augusta si estendeva da Vada Sabatia, l’odierna Vado Ligure, ad Arles in Provenza. Il tratto compreso tra Albenga, l’antica Albingaunum, e Alassio, ancora chiaramente identificabile nel suo percorso, costituisce un itinerario di facile percorribilitàtra i più suggestivi della Liguria, che unisce l’interesse storico-archeologico a quello naturalistico e paesaggistico. Il tratto urbano della via, in direzione nord-sud, costituiva il “cardine massimo” della città romana. Lasciato il centro attraverso la porta d’ Arroscia, la strada procedeva nella piana (il fiume Centa allora scorreva a Nord della città) per poi inerpicarsi sulla collina del “Monte”, raggiungendo in breve la zona di San Calocero, importante sito archeologico, già luogo di sepoltura in epoca romana, quindi sede di una basilica paleocristiana extramoenia e infine di un insediamento monastico legato al convento benedettino dell’isola Gallinaria.

L’itinerario parte da Piazza del Popolo, lasciata la quale si passa il fiume Centa sul ponte ad unica campata sospesa di recente costruzione. Nell’alveo sono i resti della chiesa medievale di S.Clemente. Il percorso si snoda poi attraverso la necropoli meridionale dell’antica Albingaunum, della quale ai lati della strada restano numerose testimonianze. Superato il complesso di S.Calocero, nei pressi della chiesa di S.Martino, già sede in terraferma dei monaci benedettini della Gallinaria, è il “Pilone”, una tomba del tipo “a pila” risalente al I/II sec. d.C., restaurato nel 1900. Poco più a monte si trova l’anfiteatro romano del II sec. d.C., solo parzialmente scavato. Lungo il percorso quindi si incontrano diversi edifici sepolcrali, individuati con lettere dell’alfabeto: si tratta di recinti funerari sia aperti che chiusi, nelle cui strutture è facile identificare le tipiche caratteristiche edilizie degli edifici romani, quali l “petit”appareil”, detto anche opus certum, costituito da file di blocchetti di pietra, disposti con grande regolarità e precisione e tenuti insieme da una resistentissima malta.

Particolarmente suggestivo il tratto in cui una serie di edifici allineati fiancheggiano il lato a monte della strada. Tra questi vi è una tomba a colombario (antesignana dei nostri loculi), unica nota in Liguria, risalente alla metà del I sec. d.C. All’esterno e all’interno dell’edificio restano ancora tracce della decorazione originaria. Si prosegue tra oliveti e grandi piante di agavi, con cespugli di rosmarino e di capperi che scendono dai muraglioni. Varcato un minuscolo ponte si entra nel territorio del Comune di Alassio. In basso si scorge la “Colombera”, bella dimora cinquecentesca, già dei marchesi Ferrero di Alassio, al centro di una vasta tenuta, oggi in fase di recupero dopo un lungo abbandono.

Superato l’ultimo, monumentale, recinto funerario (Edificio A), si incontra un breve tratto di selciato, caratterizzato dalla presenza dei “margines” ai lati e di tagli trasversali per lo scolo delle acque. Per quanto antico, è difficile attribuirlo con sicurezza all’epoca romana. La via Iulia Augusta è stata l’unica via di comunicazione di terra che attraversava il ponente ligure fino al primo Ottocento, quando Napoleone prima e i Savoia in seguito iniziarono e completarono la strada litoranea, l’attuale via Aurelia. E’ evidente quindi quanto numerosi devono essere stati gli interventi di manutenzione e rifacimento nell’arco di oltre 2000 anni.

L’ultima parte del percorso presenta un interesse soprattutto paesaggistico, offrendo belle vedute sulla costa e sull’isola Gallinaria. In una valletta incassata, luogo forse di un antico insediamento medievale, si trova la chiesa di S.Anna ai Monti, restaurata nei primi anni Settanta. Conserva brandelli di affreschi del primo Cinquecento. L’ultimo tratto del percorso è in salita, a strapiombo sul porticciolo di Alassio, realizzato negli anni Cinquanta, presidiato dallo scoglio con la “Cappelletta”, minuscola chiesa eretta nel 1928 e dedicata ai Caduti del Mare. L’ingresso della Iulia Augusta nella baia di Alassio è segnato da arco in pietra aperto in un’antica cinta muraria, presso la chiesa di S.Croce, la cui più remota citazione risale ad una bolla di papa Alessandro III del 1169. L’edificio, allora proprietà dei benedettini della Gallinaria, conserva dell’epoca parte dell’abside e il fianco sinistro, con archetti binati separati da paraste, tipici dell’architettura benedettina del periodo. A causa del lungo abbandono è rimasta completamente priva del tetto e soltanto negli anni Settanta è stata restaurata e riaperta al culto.

Una breve scala porta alle “terrazze di Santa Croce”, dalle quali si gode un grandioso panorama, che nelle giornate più nitide si estende fino alla Riviera di Levante, alle isole dell’Arcipelago Toscano e alla Corsica.

Resenta un interesse soprattutto paesaggistico mediterranea.
Dalla parte di Alassio, il percorso ha inizio dal Piazzale di S.Croce, dall’omonima chiesetta che vi prospetta, dal quale si gode uno straordinario panorama, che, nelle giornate più limpide, spazia fino ai monti della Toscana e della Corsica. La chiesetta di S.Croce è menzionata per la prima volta in una bolla di papa Alessandro III del 1169, come priorato appartenente al monastero benedettino dell’isola Gallinaria. Della costruzione originaria restano l’abside e il fianco sinistro, caratterizzato dalla presenza di archetti binati separati da paraste, elementi tipici dell’architettura dei benedettini di quel periodo. Successivamente fu aggiunto il portale laterale a sesto acuto, mentre il porticato antistante risale al Cinquecento. Per secoli l’edificio andò in rovina tanto da rimanere completamente privo di tetto, così come lo si può vedere raffigurato in alcune opere del pittore irlandese Richard West, attivo ad Alassio ad inizio Novecento. Negli anni Settanta la chiesa fu poi restaurata e riaperta al culto.

Oltrepassato un arco in pietra, che Cecil Roberts nel suo romanzo ambientato ad Alassio definì “The Portal to Paradise”, appaiono subito le immagini che accompagneranno per l’intero percorso: il mare e l’Isola Gallinara.

Nel primo tratto si domina il porto di Alassio, ricavato negli anni Cinquanta da una insenatura naturale, con la caratteristica Cappelletta eretta nel 1929 in memoria dei caduti in mare. Poche centinaia di metri e, tra la vegetazione di cipressi ed eucalipti, si raggiunge la chiesa di Sant’Anna ai Monti. La tradizione vuole che si tratti di una chiesa antichissima, addirittura edificata prima del Mille. In realtà non ci sono ancora elementi certi sul periodo della sua fondazione, che potrebbe essere legata alla presenza di un piccolo insediamento abitato in questa zona, un anfratto assai vicino al mare, ma nello stesso tempo anche ben nascosto e riparato. La chiesa ha una forma irregolare e ha certamente subito un arretramento della facciata. Dal XVII secolo fu adibita ad uso agricolo ed altri locali furono costruiti lungo il lato a monte. Anche S.Anna fu restaurata negli anni Settanta del Novecento. Oggi sono ancora visibili parti di affreschi di fine Quattrocento / inizio Cinquecento, intonacati dopo il Concilio di Trento, e oggi molto rovinati.

Lungo tutto il percorso ci accompagna la visione dell’inconfodibile sagoma dell’isola Gallinaria, così chiamata già dai Romani per la presenza di galline selvatiche. Secondo la leggenda (ma gli studiosi sembrano confermarla) sull’isola riparò S.Martino, vescovo di Tours, che trovò rifugio in una grotta rivolta verso il mare aperto, che ancora oggi porta il suo nome. L’isola, come le altre del Tirreno e del mar Ligure, ospitò probabilmente degli eremiti e successivamente vide il sorgere di una comunità monastica passata alla regola benedettina. Tra il X e il XII secolo il monastero toccò l’apice della sua prosperità e, grazie ad importanti donazioni, acquisì cospicue proprietà non solo nel Ponente Ligure, ma anche in Francia e in Spagna. Poi il declino e nel 1473, con la morte del’abate Carlo Del Carretto, l’abbazia venne data in commenda. Dopo quasi quattro secoli, titolo e diritti passano alla Diocesi di Albenga e nel 1866 il vescovo Raffaele Biale cedette la Gallinaria a privati. Dalla Iulia Augusta si scorge la torre cinquecentesca, fatta costruire dai genovesi. Il palazzo padronale, più volte ampliato e rimaneggiato, ha inglobato i resti dell’antico monastero. La chiesetta è del primo Novecento, in stile neoromanico. Tuttora privata, l’isola è inserita dal 1989 nel sistema delle aree protette della Regione Liguria.

Dopo circa 3 km, superato un campeggio, in alcuni brevi tratti si apprezza ancora l’originale lastricato romano. In questo punto è ancora visibile un tratto di antico selciato, caratterizzato dalla presenza dei “margines” ai lati e di tagli trasversali per lo scolo delle acque.

La via Iulia Augusta prende il nome da Ottaviano Augusto, il primo imperatore romano, che la fece costruire (ma è probabile che un tracciato esistesse già prima) tra il 13 e il 12 a.C. La strada collegava Vada Sabatia (l’odierna Vado Ligure) con la località di Arles in Provenza. E infatti un altro breve tratto di selciato, simile a questo, è visibile presso la Mortola, al confine con la Francia. Altri imperatori, come Adriano e Caracalla, si occuparono della manutenzione e del rifacimento della strada. Bisogna comunque ricordare che la strada romana è stata l’unica via di comunicazione di terra che attraversava il ponente ligure fino al primo Ottocento, quando Napoleone prima e i Savoia in seguito iniziarono e completarono la strada litoranea, l’attuale via Aurelia. E’ evidente quindi quanto numerosi devono essere stati gli interventi di manutenzione della strada nell’arco di oltre 2000 anni!

Poco oltre, ancora nel territorio comunale di Alassio, troviamo l’inizio della necropoli della romana Albingaunum, risalente al I-II sec. d.C., i cui resti accompagneranno fino al termine del tragitto. L’edificio, indicato dagli archeologi con la lettera A, costituisce l’estrema propaggine della necropoli meridionale della città romana di Albingaunum. Si tratta di un recinto funerario, risalente alla fine del I o all’inizio del II sec. dopo Cristo, di dimensioni abbastanza rilevanti, con un basamento a gradoni verso la strada ancora ben riconoscibile nonostante i danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale. Il paramento esterno è quello tipico, in blocchetti di pietra squadrati disposti lungo file orizzontali. Al centro vi si trovava un’ara in marmo o pietra, asportata probabilmente per riutilizzare i materiali.

Superato un ponticello, si entra nel territorio del Comune di Albenga; in basso si scorge la “Colombera”, bella dimora cinquecentesca, ora in stato di abbandono.

Percorsi altri 800 metri ecco un secondo recinto funerario (l’edificio B), anche questo rivestito di blocchetti squadrati, il cosiddetto “petit appareil”, una tecnica edilizia assai diffusa anche nella vicina Gallia. Come quello precedente si fa risalire alla fine del I sec. d.C.
Dalle prime indagini archeologiche, condotte negli anni Trenta da N. Lamboglia, fino ai giorni nostri, sono 9 gli edifici riportati alla luce, ma tutto fa pensare che dovessero essere molti di più.

Per farsi un’idea più precisa di come doveva presentarsi la Iulia Augusta nella piena epoca imperiale basta percorrere ancora un brevissimo tratto. Qui sono ben tre gli edifici funerari allineati lungo l’asse stradale.
Il primo è una tomba del tipo “a colombario”, l’unica del genere finora rinvenuta in Liguria. Risale alla metà del I sec. d.C. Il paramento è irregolare, il cosiddetto “opus incertum”, perchè era rivestito di intonaco in polvere di marmo con decorazioni di cui restano ancora pochi brandelli. A differenza dei recinti era chiuso anche superiormente con un tetto a spioventi. All’interno, cui si accedeva da un’apertura sul lato posteriore, sono ancor oggi ben visibili le nicchie dove venivano collocate le urne con le ceneri dei defunti.

Al colombario si adddossa il lungo muro (spesso circa tre piedi) di un altro recinto, a ridosso del quale sono state rinvenute oltre 40 sepolture, sia ad inumazione che a cremazione, rinconducibili ad un periodo che va dal I al III  sec. d.C. Molte di queste tombe hanno restituito cospicui corredi funerari, ricchi di oggetti in vetro (e non solo), in parte visibili oggi nella mostra allestita a Palazzo Oddo ad Albenga.

Quasi contiguo è l’edificio B, ancora un recinto sepolcrale a pianta rettangolare, preceduto da due gradoni. Al centro della parete posteriore è ancora conservato un pinnacolo: altri dovevano esservi sugli spigoli e lungo gli altri lati. Anche questo monumento è riconducibile alla fine del I o all’inizio del II secolo d. C.

Lasciati alle spalle i monumenti funerari, si raggiunge punta S.Martino, nei pressi del “Pilone”, tomba risalente al II sec. d.C., e dell’anfiteatro romano (in proprietà privata, raggiungibili con una deviazione). Dopo una breve discesa, oltrepassato il ponte moderno sul fiume Centa, si raggiunge Albenga con il suo centro storico e le torri medievali.
Da qui è poi possibile rientrare ad Alassio con l’autobus della TPL. In alternativa: una breve discesa conduce alla strada provinciale, attraversata la quale si trova la fermata dell’autobus della TPL per tornare ad Alassio.