Il sentiero Via Julia Augusta tra Albenga e Alassio è ciò che rimane della strada romana che collegava Piacenza con la Provenza. Di fatto divenne la continuazione della via Aurelia che da Roma arrivava in Lunigiana. Venne costruita tra il 14 e il 12 a.C. per volere dell’imperatore Augusto. Oggi della strada è rimasto solo in parte il selciato originario. Lungo il corso della Via si possono ammirare gli antichi monumenti funebri, tipica tradizione romana, e i resti dell’anfiteatro, costruiti lungo il tracciato.
La rete stradale era un elemento fondamentale per la vita della Repubblica romana prima e dell’Impero poi. Le vie permettevano il rapido spostamento dell’esercito verso le zone in cui era richiesta la sua presenza, permettendo un rapido ed efficace intervento. Attrezzate con stazioni di posta, favorivano lo spostamento veloce dei messaggeri e delle merci e rendevano più uniti i vasti territori sotto il controllo dei romani. Erano definite il “monumento più duraturo”, in quanto erano costruite per resistere all’usura del tempo.
La costruzione della strada non era semplice. Innanzitutto, solo i consoli avevano sufficienti poteri per espropriare i terreni necessari ad ospitare il tracciato viario. Per questo motivo le strade extraurbane vengono chiamate consolari e prendono il nome dal magistrato che aveva proposto il progetto. Dopo l’avvallo del console i genieri militari iniziavano i lavori, coadiuvati da vari tecnici, i quali si occupavano dei diversi aspetti necessari: dal tracciato alle opere per garantire in sicurezza il transito. L’attività manuale era solitamente svolta da prigionieri di guerra, schiavi, ma anche soldati per tenerli in esercizio in tempi di pace.
Realizzate il più possibile rettilinee per minimizzare le distanze, le strade erano costruite secondo un preciso criterio. La base consisteva in uno strato detto statumen, composto da argilla e sassi. Il secondo strato, il rudus, era un insieme di sabbia, cocci e pietre mescolati alla calce. Il nucleus, fatto di pietrisco, era coperto dalle lastre di pietra. La strada aveva come struttura finale a schiena d’asino per far defluire l’acqua.
Il tracciato tra Albenga e Alassio consiste nella maggior parte in un sentiero in terra battuta, ma, superato il monumento funerario identificato con la lettera A, si può percorrere un tratto di pavimentazione risalente all’epoca romana giunto a noi ben conservato. In questo punto la strada lastricata è larga 3,5 m e presenta ai lati due marciapiedi. È protetta da eventuali frane da un muretto posto a lato monte.
Dal sentiero si può godere di una bellissima vista sull’Isola Gallinara, luogo in cui secondo la Vita Sancti Martini di Sulpicio Severo, si racconta che abbia vissuto San Martino di Tours per un certo tempo. Il Santo, si ritira in un volontario esilio sull’isola, sentendosi minacciato a Milano dalla fazione ariana e qui rimase con un sacerdote, nutrendosi di piante velenose e rischiando di morire avvelenato.
Dopo l’esperienza di San Martino, nel IV secolo d.C. venne fondata sulla Gallinara un’importante abbazia benedettina che nel corso del tempo, grazie a dei lasciti, aveva delle proprietà in Provenza e Catalogna. Nel corso dei secoli i monaci fondarono una seconda abbazia sul capo di fronte all’isola e la dedicarono a San Martino. Ancora oggi, la parte alta del promontorio che divide Albenga e Alassio porta il nome del Santo. L’abbazia fu un centro molto importante per la vita ecclesiastica della città ingauna, ma nel corso del 1300 aveva perso la sua autonomia e importanza. Il complesso venne dunque abbandonato fino alla fine dell’Ottocento, quando sui resti dell’abbazia venne edificata una villa privata in stile neogotico.